In questi ultimi mesi si parla sempre di più di un nuovo approccio al mercato globale che prende il nome di Friend Shoring. 

Complice la crisi dei mercati scaturita da eventi di portata mondiale come la Pandemia e la guerra in Ucraina, i Paesi hanno sperimentato sulla propria pelle la necessità di diversificare le catene di approvvigionamento, per rendere le proprie economie meno soggette a rischi esterni. Il Friend Shoring è l’approccio scelto dagli Usa: uno strumento volto a promuovere la resilienza economica, ricollocando le catene di approvvigionamento presso Paesi definiti “amici”. 

Friend Shoring: significato ed effetti sul mercato

In realtà è una soluzione che gli Stati Uniti hanno deciso di adottare già prima dello scoppio della guerra in Ucraina. 

In buona sostanza, si tratta di rilocalizzare alcune fasi della produzione in Paesi che condividono lo stesso sistema di valori, o di interessi, e l’allineamento geopolitico del Paese di riferimento. 

Facciamo un esempio concreto: l’amministrazione Biden ha iniziato a limitare le importazioni dei beni prodotti nello Stato dello Xinjiang, tra cui cotone e pomodori, perché il governo di Pechino ha perpetrato violazioni dei diritti umani contro gli Uiguri e altre minoranze etniche e religiose. 

Un approccio quindi volto alla sostenibilità, che potrebbe avere importanti effetti sul commercio internazionale di quei Paesi che hanno da sempre stretto accordi commerciali con tutti. 

I rischi del mercato globale che spingono verso il friend shoring

La necessità di un approccio al Friend Shoring parte dal bisogno di difendere l’integrazione economica globale, fornendo una maggiore affidabilità nella fornitura di beni da cui le varie economie mondiali dipendono. 

Sono tre i rischi maggiori dei rapporti commerciali che Pandemia e guerre hanno portato alla luce: 

  1. l’eccessiva concentrazione della produzione di beni critici in un particolare mercato, che rende le catene vulnerabili e potenzialmente pericolose; 
  2. i rischi geopolitici che, per esempio, hanno permesso alla Russia di condizionare i mercati mondiali attraverso il controllo del trasporto del gas naturale e dei depositi di grano;
  3. la presenza di catene di approvvigionamento che violano i diritti umani fondamentali. 

Il Friend Shoring dovrebbe costituire una risposta a queste criticità, rendendo il mercato globale più sicuro e sostenibile. 

La posizione dell’Italia

Il nostro Paese sembra aver già iniziato a perseguire la sua strada orientata al friend shoring. Il 2022 ha visto un intensificarsi degli scambi con i Paesi Europei, il Nord America e i Paesi del Mediterraneo. Secondo gli ultimi dati Censis, infatti, 364,4 miliardi di euro di esportazioni italiane nel mondo, nei primi 7 mesi del 2022, il 78,8% è stato proprio di tipo friend shoring

Non tutti sono convinti che il Friend Shoring sia realmente sostenibile. Secondo alcune voci del settore economico, questo tipo di approccio potrebbe accrescere il divario tra i Paesi Occidentali e quelli in via di Sviluppo. Tuttavia, il cambiamento è già iniziato. L’anno appena trascorso ha evidenziato le fragilità di un mercato globale che non ha tenuto conto dei fattori ambientali e umani  coinvolti nei processi produttivi. Quello stesso mercato su cui incombe lo spettro del cambiamento climatico.

Presto, potrebbe entrare in vigore un dazio ambientale che interesserà i beni industriali importati da Paesi Terzi sul mercato comunitario che, per la loro produzione, hanno provocato un notevole volume di emissioni. 

Si tratta della prima volta al mondo in cui l’Unione Europea imporrà una misura così rilevante, a tutela dell’ambiente. 

L’accordo, noto come Carbon Border Adjustment Mechanism (Cbam), è stato raggiunto il 13 dicembre, nel corso di un negoziato che ha coinvolto i membri del Consiglio Europeo e del Parlamento Europeo. 

Di natura “provvisoria e condizionale”, l’accordo rimane ancora parziale, in attesa di un nuovo negoziato. 

Perché un dazio ambientale sui beni importati?

L’obiettivo della misura è quello di contrastare il cosiddetto Dumping ambientale

Il dumping ambientale è quella pratica che consente alle grandi imprese appartenenti a Paesi Terzi, di immettere sul mercato europeo beni a un prezzo nettamente inferiore a quello di mercato e prodotti in contesti in cui non vige una normativa stringente a tutela dell’ambiente. 

Come funzionerà la misura

I soggetti che importeranno merci sul mercato comunitario dovranno dichiarare le emissioni legate al processo produttivo dei beni importati. Se superano gli standard imposti dall’UE, dovranno acquistare certificati di emissioni corrispondenti al prezzo della CO2 che sarebbe stato pagato se le merci fossero state prodotte secondo le regole ETS (European Union Emissions Trading System). 

L’applicazione del dazio interesserà inizialmente determinati settori: acciaio, alluminio, cemento, elettricità e fertilizzanti. A questi è stato poi aggiunto anche l’idrogeno e alcuni prodotti derivati. È attualmente al vaglio la possibilità di inserire nell’elenco i polimeri e beni appartenenti al settore della chimica organica. 

Quando entrerà in vigore il dazio ambientale

Le tempistiche dell’efficacia della misura non sono ancora chiare. Consiglio e Commissione spingono per un’entrata in vigore su 10 anni, a partire dal 2026. Il Parlamento, invece, opta per posticipare le tempistiche tra il 2027 e il 2032. In ogni caso, non potrà essere operativo prima di ottobre 2023, quando dovrebbe iniziare la fase di transizione. 

La decisione dipenderà dai negoziati che riguarderanno la riforma del mercato delle emissioni nocive ETS. La riforma potrebbe gradualmente portare all’abolizione dei certificati gratuiti distribuiti alle imprese più inquinanti. 

Il meccanismo così come pensato, quindi, dovrebbe consentire di applicare lo stesso costo della CO2, sia alle imprese straniere che a quelle europee. 

Lo ha spiegato lo stesso presidente della Commissione Ambiente dell’Europarlamento, Pascal Canfin: “Garantiremo un trattamento equo tra le nostre aziende, che pagano un prezzo del carbonio in Europa, e i loro concorrenti stranieri, che non lo fanno, facendo di più per il clima proteggendo le nostre aziende e i posti di lavoro”.

La pesatura VGM è una procedura essenziale nel trasporto delle merci via mare

L’acronimo adoperato, VGM, sta per Verified Gross Mass e si riferisce alla massa lorda verificata di un container. Il dato, infatti, si ricava dalla somma del peso netto della merce e della tara dei container. 

Si tratta di un dato obbligatorio da comunicare nel trasporto internazionale delle merci via mare. Ecco perché la pesatura VGM deve essere accurata e non può essere approssimativa. 

L’obbligo della pesatura risale al primo luglio del 2016, da un emendamento al capitolo VI della SOLAS (Safety of Life at Sea), la convenzione internazionale dell’IMO (Organizzazione Marittima Internazionale), stipulata dopo l’incidente del Titanic. 
In particolare, l’emendamento riguarda il trasporto dei carichi e punta a migliorare la sicurezza in mare e, nello specifico, la salvaguardia delle vite umane. Questo sistema, infatti, è finalizzato a fornire dati certi e affidabili sul calcolo del carico delle navi. 

Come si calcola la pesatura VMG?

Secondo la normativa VGM, il sistema di pesatura può avvenire in due modalità differenti. 
Il primo prevede che il container già pieno venga pesato dopo essere stato caricato, chiuso e sigillato, su pesa certificata privata o pubblica. Al valore viene poi detratto il peso del veicolo, del rimorchio e del carburante presente nel serbatoio.

Il secondo metodo, invece, consente di ricavare il valore VGM dalla somma del peso della merce caricata, dei materiali di rizzaggio e imballaggio e della tara del container utilizzato. 
Qualsiasi sia il metodo adoperato, il sistema di misurazione deve rispettare i requisiti standard del Paese in cui viene effettuata l’operazione. 

Perché è un’operazione essenziale?

Senza VGM il container non può essere caricato sulla nave. L’operazione è quindi essenziale per il sicuro e corretto trasporto internazionale delle merci via mare. 

Per evitare possibili ritardi dovuti all’assolvimento di alcune delle procedure richieste nella SOLAS, come la pesatura delle merci, Marfreight assiste i propri clienti in ogni fase del servizio di trasporto, trasmettendo al vettore marittimo, in tempo utile, tutte le informazioni sul carico. Questo consentirà di ottimizzare i tempi di trasporto, evitando eventuali incidenti o difficoltà.

Spedizioni internazionali via mare, settimanali e dirette, in grado di raggiungere gli Stati Uniti, da Salerno, in soli 12 giorni. Una nuova scommessa che ha avuto il via ufficiale lo scorso primo ottobre. 

Proprio in quella data, infatti, la nave full container Velika Express è salpata dal porto di Salerno, inaugurando la nuova linea di collegamento ultra veloce, con scali diretti a New York, Norfolk e Savannah. 

Un’opportunità in grado di rendere la Campania snodo centrale del commercio con gli States e che arriva in un momento particolare, che ha visto una diminuzione del traffico del 15% proprio nel porto di Salerno, nei primi sei mesi del 2022.

La nave Cargo della tedesca Hapag Lloyd è, fino a oggi, la linea più veloce in grado di collegare l’Italia al Nuovo Continente. Un tragitto fast che fa da apripista ai nuovi collegamenti con il Regno Unito e il Nord Europa che, invece, partiranno verso metà mese. 

Il trasporto marittimo veloce Salerno-New York è una grande opportunità per l’agroindustria italiana, e in particolare per quella campana, che ha nel mercato statunitense un importante interlocutore commerciale. La rapidità dei nuovi collegamenti, infatti, assicura un elemento di grande competitività per l’economia italiana, trainata proprio dall’agroalimentare. 

Nei giorni scorsi, Giovanni De Angelis, direttore generale dell’Anicav, Associazione nazionale dei conservieri italiani, ha evidenziato come, per il trasporto via mare, il porto di Salerno sia strategico, rappresentando proprio il primo scalo per il settore delle conserve. Le conserve di pomodoro, per fare un esempio, dirette sulle tavole americane, inglesi o dei Paesi del Nord Europa, partono tutti da qui.

Il caro noli a cui abbiamo assistito, l’aumento del costo dell’energia e di tutte le componenti di costo, hanno messo a dura prova il settore conserviero. Navi più veloci, e più convenienti, potrebbero alleviare la situazione. A patto che si lavori anche in termini di azioni e di investimenti infrastrutturali per potenziale la logistica integrata. 

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Buone notizie dal fronte caro noli. Continua il trend in discesa del costo del nolo dei container sulle principali tratte del trasporto marittimo.

Dopo un lungo periodo in cui i prezzi erano aumentati anche di 3-4 volte, penalizzando fortemente , tra gli altri, i porti campani, all’inizio di questa estate le quotazioni dei trasporti via mare su container sono iniziate a diminuire.

Alla fine di luglio, il caro noli ha invertito la sua tendenza, subendo un ribasso che ha consentito di sfondare la soglia psicologica dei 10 mila dollari, per box da 40 piedi. In particolare, il calo marcato delle quotazioni ha interessato anche le tratte via mare di trasporto merci da e verso la Cina, tra cui anche le rotte che interessano l’Italia.

Nella rotta Shanghai-Rotterdam, secondo Drewry, la società di consulenza indipendente per la ricerca marittima, il calo dei prezzi è stato così marcato da aver reso nuovamente conveniente il transito delle merci attraverso il Mediterraneo, rispetto ai porti del Nord Europa.

Un trend che si inserisce all’interno di un quadro generalizzato di una sostanziale stabilità, tendente leggermente al ribasso.

Caro noli: prospettive future

Secondo Peter Berglund, amministratore delegato di Xeneta, società di analisi specializzata in spedizioni marittime, l’andamento del settore sul medio-lungo periodo potrebbe essere influenzato, però, da alcuni fattori. Tra cui, il perdurare di problemi nelle catene di approvvigionamento, le continue iniziative sindacali che si stanno verificando nei principali porti di Germania, Regno Unito e Stati Uniti, lockdown dovuti al Covid in Cina e i bassi livelli di acqua causati dai cambiamenti climatici sul Reno. Tutti fattori, secondo la società di analisi norvegese, che vanno tenuti sotto osservazione per comprendere e anticipare l’andamento del mercato e dei relativi prezzi.

Il giusto partner per sicurezza e convenienza

Marfreight opera da sempre al fianco dei propri clienti, offrendo la soluzione migliore in termini di sicurezza, convenienza e professionalità.
Le nostre quotazioni seguono, naturalmente, l’andamento dei mercati: in queste ultime settimane infatti stiamo offrendo ai nostri clienti dei listini aggiornati, ma ci impegniamo costantemente per studiare le soluzioni ideali, più vantaggiose e sicure, anche in periodi di difficoltà del settore.

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Continua il dibattito sulla transizione ecologica dello shipping e sulla parte svolta dai protagonisti di settore nel percorso verso la sostenibilità ambientale.

Nel corso dell’assemblea annuale di Assarmatori, il Presidente, Stefano Messina, ha ribadito la posizione degli armatori, non nascondendo alcune perplessità: “Noi stiamo dimostrando di essere pronti, come armatori, ad adeguare le flotte, per conseguire gli obiettivi in tema di riduzione delle emissioni stabiliti dall’IMO e dall’Unione Europea. Ma riscontriamo un mancanza di soluzioni tecnologiche e di carburanti alternativi disponibili e sostenibili, nonché delle relative reti di distribuzione nei porti”.

Ricordiamo, infatti, come più volte gli armatori abbiano evidenziato gli sforzi compiuti verso una decarbonizzazione del trasporto marittimo, a partire dal fondo da 5 miliardi di dollari destinato a finanziare l’innovazione tecnologica che serve per ridurre le emissioni.

I rischi di una transizione ecologica mal studiata

Il problema è che il settore non è tecnologicamente pronto ad accogliere il cambiamento. Almeno non ancora. Secondo Messina, infatti, la spinta data da Bruxelles attraverso le nuove regole dell’IMO e del pacchetto it for 55 potrebbe avere l’effetto contrario sul comparto, producendo non pochi problemi, tra cui maggiori costi dei collegamenti marittimi con le isole, la necessità di abbassare la velocità delle navi, con conseguente riduzione dell’offerta di servizi, e la perdita di competitività degli scali.

Un problema confermato anche nell’intervento di Achille Onorato, AD di Moby, che durante l’assemblea ha sottolineato il rischio di andare incontro a una “sostenibilità insostenibile”. Nonostante la richiesta di investimenti green al comparto, ad oggi, afferma, non esiste una tecnologia che consenta un’inversione di rotta decisa sui combustibili adoperati dalle unità navali. Un cold ironing senza combustibili green rischia infatti di rendere le navi poco competitive, rallentando di fatto il percorso di decarbonizzazione intrapreso.

La risposta del ministro Giovannini

In merito è intervenuto anche il Ministro delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile, Enrico Giovannini, che ha ribadito la necessità di delineare una strada chiara e univoca, per non sprecare i finanziamenti destinati alla transizione ecologica del trasporto marittimo. Il ministro ha infatti riconosciuto che lo Stato non potrà finanziare ogni soluzione, sarà quindi opportuno effettuare analisi precise ed equilibrate, per ottimizzare tempi e fondi.
In attesa di capire quale potrà essere la strada che prenderà la transizione ecologica dello shipping, ha ribadito il ministro, “dobbiamo spingere sul refitting dei mezzi attuali, per fare in modo che inquinino meno. Un obiettivo che vogliamo perseguire grazie ai 500 milioni di euro stanziati nel Fondo complementare al PNNR, e che otterrà altre risorse anche in futuro, per portare avanti questo percorso anche oltre il 2027”.

Intermodalità come elemento centrale in una strategia di sostenibilità ambientale ed economica dei trasporti. È questa la strada sempre più dibattuta per dare una svolta concreta al taglio delle emissioni nel settore. Una strada che coinvolge il sistema di collegamento porti-interporti italiano e che potrebbe dare una spinta importante alla crescita strategica dell’Italia nel trasporto internazionale. 

Intermodalità come leva per la decarbonizzazione del trasporto e non solo

Il settore dei trasporti, in Italia, è direttamente responsabile del 25,2% delle emissioni di gas a effetto serra e del 30,7% delle emissioni di CO2. 

Una situazione su cui è assolutamente necessario intervenire. Non solo perché la politica internazionale e l’ambiente chiedono cambiamenti orientati alla sostenibilità, ma anche perché gli equilibri produttivi mondiali stanno cambiando. 

Il riavvicinamento delle attività produttive, infatti, potrebbe presto determinare un aumento di volume degli scambi commerciali all’interno dell’Europa. Scambi che interesseranno anche l’Italia e che non potranno essere sostenuti solo con il trasporto su gomma. Secondo i vertici politici italiani, la soluzione a questo problema potrebbe risiedere nell’intermodalità. 

Marebonus e Ferrobonus per sostenere l’intermodalità

Ne è profondamente convinto il Ministro Giovannini secondo cui: “L’intermodalità marittima e ferroviaria diventa fondamentale, rappresentando non più una scelta, ma la vera alternativa se si vuole coniugare la sostenibilità sociale ed economica con l’ambiente”. 

Una soluzione logistica integrata in cui autostrade del mare e ferrovie consentirebbero di spostare il trasporto su medie e lunghe distanze verso navi e treni. 

Una strada che il governo sta iniziando a percorrere anche attraverso degli interventi di finanziamento. È lo stesso Giovannini a spiegarlo: «Grazie al marebonus, al ferrobonus e agli investimenti infrastrutturali abbiamo l’opportunità di fare quel famoso shift modale di cui abbiamo parlato per tanti anni». Incentivi statali che sono stati appena rifinanziati dal governo con ulteriori 38,5 milioni di euro per il 2022. 

Intermodalità marittima e ferroviaria: la centralità degli interporti

Gli interporti sono delle infrastrutture dedicate allo scambio modale e all’interconnessione tra le reti. Si tratta di strutture che assumono un ruolo importante all’interno della supply-chain e che, quindi, potrebbero rappresentare la chiave di volta in una strategia di sostenibilità ambientale incentrata sull’intermodalità. 

L’Italia è dotata di una rete di interporti eccellente: 26 infrastrutture situate in posizioni strategiche, su grandi corridoi internazionali che fungono da scenario per gli scambi commerciali con gli altri Paesi. Pensiamo, ad esempio, al corridoio Balcanico-Mediterraneo, a quello Scandinavo-Mediterraneo, a quello che collega il Reno alle Alpi. Puntare a uno sviluppo di queste infrastrutture consentirebbe al nostro Paese di guadagnare un ottimo vantaggio competitivo nei confronti dei concorrenti europei più importanti. 

La sfida per il nostro Paese è spingere i nostri porti a collegarsi alle zone produttive, incentivando il traffico ferroviario, in modo da poter sfruttare al massimo  le proprie potenzialità di crescita. 

L’impegno di Marfreight verso la sostenibilità

L’intermodalità, e soprattutto la possibilità di sfruttare la posizione strategica degli interporti italiani è la strada privilegiata non solo per garantire quel taglio delle emissioni di cui il comparto ha bisogno, ma anche per offrire un servizio di trasporto veloce e vantaggioso.

 

Nel nostro ruolo di supporto alle aziende durante la pianificazione delle spedizioni, noi di Marfreight prestiamo molta attenzione anche a questi dettagli, proponendo tra le nostre soluzioni anche i collegamenti intermodali. Lo facciamo non solo per offrire un servizio il quanto più conforme alle aspettative e alle esigenze dei nostri clienti, ma per poter dare il nostro contributo al percorso di sostenibilità che il comparto ha iniziato a intraprendere.

Da anni, gli armatori stanno lavorando per raggiungere l’ambizioso obiettivo di uno shipping a zero emissioni. Un obiettivo che non può più essere rimandato. 

In tal senso, l’International Chamber of Shipping (ICS), la principale associazione commerciale internazionale dell’industria navale, ha proposto la creazione di un fondo del valore di 5 miliardi di dollari, per finanziare l’innovazione tecnologica necessaria alla riduzione delle emissioni. 

La proposta per la creazione del fondo è stata presentata per la prima volta nel 2019. Lo scorso anno, ha ricevuto il supporto dei principali Paesi marittimi, tra cui Danimarca, Grecia, Giappone, Panama, Singapore e Regno Unito. Oltre ad altre nazioni in via di sviluppo, come Liberia, Nigeria e Palau.

Shipping a zero emissioni: l’impegno degli armatori

Affinché si possa raggiungere una reale decarbonizzazione del settore marittimo, è necessaria una spinta decisa nella creazione e utilizzo di nuove tecnologie e combustibili sostenibili 

Gli armatori, dal canto loro, si stanno impegnando per avere delle navi più green. Un lavoro che, però, risulta rallentato dalla scarsa disponibilità di carburanti alternativi, dalla mancanza di infrastrutture per i rifornimenti e dalla creazione di condizioni, normative e burocratiche, volte ad accogliere in maniera incisiva il cambiamento green. 

A rallentare l’impegno dei membri dell’Ics anche la mancata decisione dell’Imo (International Maritime Organization) proprio in merito al fondo da 5 miliardi di dollari. Fondo che gli armatori sarebbero disposti a finanziare di tasca propria, con una tassazione di 2 dollari a tonnellata, da applicare al bunkeraggio marittimo. 

La voce di Confitarma

Mario Mattioli, presidente Confitarma (Confederazione Italiana Armatori), ha più volte fatto presente che l’industria armatoriale ha già messo in campo una serie di soluzioni e investimenti per favorire la riduzione delle emissioni. Un esempio è l’impiego di Gpl come combustibile alternativo, l’uso di batterie durante la sosta delle navi al porto, il Cold ironing. 

Il governo, ha precisato il presidente Confitarma, ha già fatto un passo in questa direzione, con i 500 milioni di risorse del PNRR, destinati a rendere più green la flotta italiana. Il rischio è, però, che da quella somma, riservata attualmente solo al settore cabotiero nel Mediterraneo, possa rimanere esclusa un’importante fetta delle navi di imprese che sono radicate in Italia e che da tempo stanno lavorando per costruire il loro percorso verso la sostenibilità. 

 

La sostenibilità del comparto marittimo è da sempre un tema molto caro a noi di MarFreight. Per questo, nel nostro ruolo di supporto alle aziende nella pianificazione delle spedizioni, cerchiamo di scegliere dei partner che, oltre a essere la migliore soluzione per le esigenze dei nostri clienti, si impegnano attivamente a sostenere progetti per la tutela dell’ambiente 

I trasporti marittimi, soprattutto nel meridione, stanno subendo un duro colpo legato al caro noli. Il problema dell’aumento di prezzi per la movimentazione via mare di container affonda le sue radici già nella seconda metà del 2020. Tuttavia, se è vero che la problematica ha riguardato un po’ tutti i trasporti marittimi mondiali, è però in questa primavera 2022 che i porti campani hanno iniziato a subire il colpo più duro.

L’allarme arriva da alcuni dei principali imprenditori meridionali che operano nel settore agroalimentare e che più di tutti stanno subendo le conseguenze di questa situazione. 

Caro noli: aumenti fino a +300%

Se guardiamo alla capacità di gestire le esportazioni dal nostro paese verso paesi ad economia matura, ci rendiamo conto che i costi dei trasporti sono aumentati anche di 3/4 volte, con modifiche peggiorative sui servizi che eravamo soliti ricevere.

Un peggioramento che mette in grave difficoltà l’economia meridionale, che ai trasporti marittimi affida la distribuzione di pasta e pomodoro e altri prodotti della filiera agroalimentare.

Il caro noli, infatti, grava sul compratore estero che si trova a pagare un prezzo maggiore, vedendo i prodotti italiani sempre meno competitivi sui propri mercati. Anche se il 2020 ha registrato un leggero calo, i trasporti marittimi, oggi, restano il principale veicolo del commercio internazionale: il 90% delle merci transita in mare. 

Le imprese che hanno sempre caricato le proprie merci su navi in partenza dai moli di Napoli e Salerno sono oggi in gravi difficoltà. Prodotti eccellenza del Made in Italy agroalimentare rischiano di dover ridurre le esportazioni. 

Una situazione causata in parte dalla disponibilità di pochi mezzi (alcune navi non sono adeguate alle normative green) e in parte da una domanda di spazi in crescita. 

La soluzione offerta da Marfreight

Nei trasporti marittimi internazionali, affidarsi a un partner competente può essere la scelta giusta per chi non vuole commettere errori e avere la soluzione migliore in termini di convenienza e professionalità.

Le quotazioni dei noli che noi di Marfreight proponiamo risultano essere altamente competitive rispetto a un mercato che, abbiamo visto, sta facendo lievitare i prezzi alle 

stelle. Facciamo di tutto per offrire ai nostri partner contratti su base mensile, con rate che cercano di abbattere le difficoltà determinate dalla situazione storica del momento. 

Lavoriamo per dare le soluzioni migliori, anche sulle tratte che stanno subendo la percentuale maggiore di rincari. 

Per maggiori informazioni, puoi contattarci qui, senza impegno.

 

Quando pensiamo al termine door-to-door delivery il primo pensiero che ci viene in mente è la consegna di un prodotto al consumatore. Ma spesso le parole hanno un significato diverso in base al contesto. Quando noi di MarFreight parliamo di door-to-door delivery ci riferiamo a un servizio specifico che prevede la consegna completa di un carico dal mittente al destinatario con un’unica gestione.

Qualsiasi sia il vettore o la combinazione di vettori scelti in base all’opzione più vantaggiosa per il cliente, il servizio di door to door delivery comprende il trasporto completo, fino all’indirizzo di destinazione finale. In tutte le fasi del trasporto assicuriamo una gestione completa delle merci da e per tutte le parti del mondo.

 

Door-to-door Delivery: vantaggi e svantaggi di una soluzione completa

Il viaggio di un carico parte dal ritiro della merce direttamente dal magazzino o dalla fabbrica del mittente e percorre tutte le fasi che normalmente sono divise tra chi importa ed esporta il prodotto. Solitamente la responsabilità di uno arriva dove inizia la responsabilità dell’altro, ad esempio al porto di destinazione, o in un punto concordato tra le parti. E sono proprio queste situazioni di passaggio le fasi più delicate del trasporto internazionale. Con la soluzione door-to-door invece, il trasporto viene gestito interamente da un singolo operatore che ne è responsabile e che si assicura che la merce arrivi a destinazione in perfette condizioni. Un vantaggio non solo per chi ne usufruisce, ma anche per chi richiede effettivamente il servizio perchè ha la sicurezza che la merce giunga a destinazione senza subire danni causati da terze parti. Dall’altro lato gestire interamente il trasporto completo di un carico da una parte all’altra del mondo, senza dividere i costi (e le responsabilità) con nessuno può essere relativamente costoso rispetto alla gestione di un trasporto condiviso.

 

Perchè scegliere il door-to-door?

Il servizio door-to-door può quindi presentare diversi vantaggi e svantaggi e talvolta scegliere può sembrare facile se si guarda solamente ad alcuni aspetti, come prezzo e tempi di consegna. Bisogna però invece tener conto di tante altre variabili o imprevisti che non potrebbero mai venire in mente a chi non ha esperienza nel settore delle spedizioni internazionali.

Affidarsi a consulenti competenti, che conoscono tutte le casistiche e gli scenari possibili che possono presentarsi quando si tratta di trasporti internazionali, diventa la scelta migliore per chi non vuole commettere errori.

Puoi contattarci qui per una richiesta di preventivo su misura.