In quest’ultimo mese, il Canale di Panama, uno dei due canali navigabili più importanti al mondo, sta affrontando una problematica senza precedenti, che potrebbe compromettere il commercio globale, anche per il prossimo anno. 

L’intensa siccità registrata nel 2023, infatti, ha causato una riduzione della portata tale da ostacolare il transito delle navi container. Già nelle scorse settimane, numerose navi sono rimaste bloccate con tempi di attesa molto lunghi. E sembra che la situazione non sia destinata a migliorare.  

Canale di Panama: le conseguenze su rotte commerciali e trasporti

La riduzione della navigabilità del Canale di Panama è diretta conseguenza dell’inaridimento delle risorse idriche presenti nell’area. Frutto dei cambiamenti climatici che ha portato a un’assenza di pioggia prolungata. 

Si stima che il numero di navi che può attraversare il canale, al giorno, sia sceso da 31 a 25 nel mese di novembre e potrebbe continuare a scendere fino a sole 18 unità a partire da febbraio 2024.  

Non solo. La minore portata di acqua nel canale ha richiesto la riduzione del pescaggio a massimo 44 piedi. Un valore che, in condizioni normali si attesta invece a 50. Cosa significa? Che per transitare le navi devono imbarcare meno merce, viaggiando con una parte della stiva vuota e andando incontro a un maggior impatto in termini di costi. 

Le soluzioni

Le restrizioni alla navigabilità del Canale di Panama hanno generato incertezza e costi aggiuntivi per diverse imprese. 

Le aziende si stanno muovendo alla ricerca di soluzioni alternative, per evitare i ritardi e i costi eccessivi derivanti dal blocco dei trasporti. 

Alcune realtà hanno scelto di monitorare attentamente le spedizioni per identificare e affrontare in maniera tempestiva i ritardi, gestendo gli eventuali disagi dei clienti. Altre, stanno cercando soluzioni, percorsi o modalità di trasporto alternativi, per ridurre le incertezze derivanti dalla situazione. 

Diversificazione, pianificazione, ma anche chiarezza dei rischi e dei costi aggiuntivi sono, oggi, fondamentali per garantire che le operazioni vengano gestite nel migliore dei modi, riducendo le perdite collegate. Elementi che noi di Marfreight cerchiamo di applicare ogni giorno nei servizi offerti, attraverso il monitoraggio costante dello stato di transito merci internazionale e della ricerca di soluzioni in grado di venire incontro alle diverse esigenze espresse. 

Da anni, gli armatori stanno lavorando per raggiungere l’ambizioso obiettivo di uno shipping a zero emissioni. Un obiettivo che non può più essere rimandato. 

In tal senso, l’International Chamber of Shipping (ICS), la principale associazione commerciale internazionale dell’industria navale, ha proposto la creazione di un fondo del valore di 5 miliardi di dollari, per finanziare l’innovazione tecnologica necessaria alla riduzione delle emissioni. 

La proposta per la creazione del fondo è stata presentata per la prima volta nel 2019. Lo scorso anno, ha ricevuto il supporto dei principali Paesi marittimi, tra cui Danimarca, Grecia, Giappone, Panama, Singapore e Regno Unito. Oltre ad altre nazioni in via di sviluppo, come Liberia, Nigeria e Palau.

Shipping a zero emissioni: l’impegno degli armatori

Affinché si possa raggiungere una reale decarbonizzazione del settore marittimo, è necessaria una spinta decisa nella creazione e utilizzo di nuove tecnologie e combustibili sostenibili 

Gli armatori, dal canto loro, si stanno impegnando per avere delle navi più green. Un lavoro che, però, risulta rallentato dalla scarsa disponibilità di carburanti alternativi, dalla mancanza di infrastrutture per i rifornimenti e dalla creazione di condizioni, normative e burocratiche, volte ad accogliere in maniera incisiva il cambiamento green. 

A rallentare l’impegno dei membri dell’Ics anche la mancata decisione dell’Imo (International Maritime Organization) proprio in merito al fondo da 5 miliardi di dollari. Fondo che gli armatori sarebbero disposti a finanziare di tasca propria, con una tassazione di 2 dollari a tonnellata, da applicare al bunkeraggio marittimo. 

La voce di Confitarma

Mario Mattioli, presidente Confitarma (Confederazione Italiana Armatori), ha più volte fatto presente che l’industria armatoriale ha già messo in campo una serie di soluzioni e investimenti per favorire la riduzione delle emissioni. Un esempio è l’impiego di Gpl come combustibile alternativo, l’uso di batterie durante la sosta delle navi al porto, il Cold ironing. 

Il governo, ha precisato il presidente Confitarma, ha già fatto un passo in questa direzione, con i 500 milioni di risorse del PNRR, destinati a rendere più green la flotta italiana. Il rischio è, però, che da quella somma, riservata attualmente solo al settore cabotiero nel Mediterraneo, possa rimanere esclusa un’importante fetta delle navi di imprese che sono radicate in Italia e che da tempo stanno lavorando per costruire il loro percorso verso la sostenibilità. 

 

La sostenibilità del comparto marittimo è da sempre un tema molto caro a noi di MarFreight. Per questo, nel nostro ruolo di supporto alle aziende nella pianificazione delle spedizioni, cerchiamo di scegliere dei partner che, oltre a essere la migliore soluzione per le esigenze dei nostri clienti, si impegnano attivamente a sostenere progetti per la tutela dell’ambiente