Presto, potrebbe entrare in vigore un dazio ambientale che interesserà i beni industriali importati da Paesi Terzi sul mercato comunitario che, per la loro produzione, hanno provocato un notevole volume di emissioni. 

Si tratta della prima volta al mondo in cui l’Unione Europea imporrà una misura così rilevante, a tutela dell’ambiente. 

L’accordo, noto come Carbon Border Adjustment Mechanism (Cbam), è stato raggiunto il 13 dicembre, nel corso di un negoziato che ha coinvolto i membri del Consiglio Europeo e del Parlamento Europeo. 

Di natura “provvisoria e condizionale”, l’accordo rimane ancora parziale, in attesa di un nuovo negoziato. 

Perché un dazio ambientale sui beni importati?

L’obiettivo della misura è quello di contrastare il cosiddetto Dumping ambientale

Il dumping ambientale è quella pratica che consente alle grandi imprese appartenenti a Paesi Terzi, di immettere sul mercato europeo beni a un prezzo nettamente inferiore a quello di mercato e prodotti in contesti in cui non vige una normativa stringente a tutela dell’ambiente. 

Come funzionerà la misura

I soggetti che importeranno merci sul mercato comunitario dovranno dichiarare le emissioni legate al processo produttivo dei beni importati. Se superano gli standard imposti dall’UE, dovranno acquistare certificati di emissioni corrispondenti al prezzo della CO2 che sarebbe stato pagato se le merci fossero state prodotte secondo le regole ETS (European Union Emissions Trading System). 

L’applicazione del dazio interesserà inizialmente determinati settori: acciaio, alluminio, cemento, elettricità e fertilizzanti. A questi è stato poi aggiunto anche l’idrogeno e alcuni prodotti derivati. È attualmente al vaglio la possibilità di inserire nell’elenco i polimeri e beni appartenenti al settore della chimica organica. 

Quando entrerà in vigore il dazio ambientale

Le tempistiche dell’efficacia della misura non sono ancora chiare. Consiglio e Commissione spingono per un’entrata in vigore su 10 anni, a partire dal 2026. Il Parlamento, invece, opta per posticipare le tempistiche tra il 2027 e il 2032. In ogni caso, non potrà essere operativo prima di ottobre 2023, quando dovrebbe iniziare la fase di transizione. 

La decisione dipenderà dai negoziati che riguarderanno la riforma del mercato delle emissioni nocive ETS. La riforma potrebbe gradualmente portare all’abolizione dei certificati gratuiti distribuiti alle imprese più inquinanti. 

Il meccanismo così come pensato, quindi, dovrebbe consentire di applicare lo stesso costo della CO2, sia alle imprese straniere che a quelle europee. 

Lo ha spiegato lo stesso presidente della Commissione Ambiente dell’Europarlamento, Pascal Canfin: “Garantiremo un trattamento equo tra le nostre aziende, che pagano un prezzo del carbonio in Europa, e i loro concorrenti stranieri, che non lo fanno, facendo di più per il clima proteggendo le nostre aziende e i posti di lavoro”.