Il Regolamento sul CBAM è legge. Ne avevamo già parlato in un precedente articolo, pubblicato in occasione dell’accordo tra i membri del Consiglio e del Parlamento Europeo sulla necessità di adottare delle misure per arginare il Dumping Ambientale. Il Regolamento sul CBAM, lo ricordiamo, parte dalla necessità di imporre una tassa sui beni industriali importati da Paesi Terzi sul mercato comunitario che, per la loro produzione, generano un notevole volume di emissioni.

Ora, le nuove regole troveranno piena applicazione a partire dal 1° ottobre di quest’anno. Ecco cosa prevedono e quali sono i soggetti interessati direttamente. 

CBAM: le nuove regole che riguardano il Dumping Ambientale

Il CBAM, letteralmente Carbon Border Adjustment Mechanism è il regolamento europeo finalizzato a impedire che le merci importate da Paesi extra-UE abbiano un vantaggio competitivo, dovuto all’assenza di costi legati alla carbonizzazione. 

Il Regolamento è parte integrante del programma “Fit for 55”, che ha l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 55% entro il 2030. 

Il CBAM mette in atto un meccanismo di compensazione delle emissioni di carbonio generate dalla produzione di determinate merci fuori UE, attraverso l’acquisto di Certificati rappresentativi delle emissioni di CO2. 

Ma quali merci saranno interessate da questa nuova regolamentazione?

Naturalmente, quelle a più elevato impatto ambientale, come, ad esempio, i prodotti in cemento, ferro, acciaio e alluminio, i fertilizzanti e l’energia elettrica. L’elenco dei prodotti è soggetto a possibili ampliamenti che, entro il 2030, arriveranno a includere anche tutti i prodotti già assoggettati alla normativa ETS. 

Da quando saranno operative le misure?

Il provvedimento sarà attuato in due fasi distinte. 

La prima inizierà a partire dal 1° ottobre 2023 e sarà una fase transitoria, durante la quale gli importatori di merce saranno tenuti a presentare solo una rendicontazione trimestrale, in cui saranno specificate: la quantità totale di ciascun tipo di merce importata nel periodo di riferimento, le emissioni collegate, gli eventuali costi sostenuti nel Paese di origine in relazione a queste emissioni. La veridicità delle dichiarazioni sarà poi verificata dalla Commissione. 

La seconda fase, invece, inizierà a partire dal 1° gennaio 2026, data in cui il Regolamento sarà pienamente operativo e le importazioni di merci CBAM nell’UE potranno essere effettuate solamente dai soggetti “dichiaranti CBAM”, che dovranno: calcolare la quantità di CO2 presente nelle merci importate, acquistare i certificati a compensazione delle emissioni e garantire che, al termine di ogni trimestre, il numero di certificati posseduti copra almeno l’80% delle emissioni incorporate in tutte le merci CBAM importate dall’inizio dell’anno solare.

I certificati dovranno essere restituiti entro il 31 maggio di ogni anno solare. Entro tale data, infatti, sarà presentata una dichiarazione annuale CBAM, attestante la quantità totale delle merci importate nell’anno solare precedente, le emissioni totali collegate, il numero totale di certificati restituiti e copia della verifica delle emissioni rilasciata da un organismo accreditato.

Per ottenere lo status di dichiarante CBAM, ciascun importatore (o il suo rappresentante doganale indiretto) dovrà inviare una richiesta all’autorità competente dello Stato di appartenenza che provvederà, o meno, a iscriverlo nell’apposito registro. 

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Presto, potrebbe entrare in vigore un dazio ambientale che interesserà i beni industriali importati da Paesi Terzi sul mercato comunitario che, per la loro produzione, hanno provocato un notevole volume di emissioni. 

Si tratta della prima volta al mondo in cui l’Unione Europea imporrà una misura così rilevante, a tutela dell’ambiente. 

L’accordo, noto come Carbon Border Adjustment Mechanism (Cbam), è stato raggiunto il 13 dicembre, nel corso di un negoziato che ha coinvolto i membri del Consiglio Europeo e del Parlamento Europeo. 

Di natura “provvisoria e condizionale”, l’accordo rimane ancora parziale, in attesa di un nuovo negoziato. 

Perché un dazio ambientale sui beni importati?

L’obiettivo della misura è quello di contrastare il cosiddetto Dumping ambientale

Il dumping ambientale è quella pratica che consente alle grandi imprese appartenenti a Paesi Terzi, di immettere sul mercato europeo beni a un prezzo nettamente inferiore a quello di mercato e prodotti in contesti in cui non vige una normativa stringente a tutela dell’ambiente. 

Come funzionerà la misura

I soggetti che importeranno merci sul mercato comunitario dovranno dichiarare le emissioni legate al processo produttivo dei beni importati. Se superano gli standard imposti dall’UE, dovranno acquistare certificati di emissioni corrispondenti al prezzo della CO2 che sarebbe stato pagato se le merci fossero state prodotte secondo le regole ETS (European Union Emissions Trading System). 

L’applicazione del dazio interesserà inizialmente determinati settori: acciaio, alluminio, cemento, elettricità e fertilizzanti. A questi è stato poi aggiunto anche l’idrogeno e alcuni prodotti derivati. È attualmente al vaglio la possibilità di inserire nell’elenco i polimeri e beni appartenenti al settore della chimica organica. 

Quando entrerà in vigore il dazio ambientale

Le tempistiche dell’efficacia della misura non sono ancora chiare. Consiglio e Commissione spingono per un’entrata in vigore su 10 anni, a partire dal 2026. Il Parlamento, invece, opta per posticipare le tempistiche tra il 2027 e il 2032. In ogni caso, non potrà essere operativo prima di ottobre 2023, quando dovrebbe iniziare la fase di transizione. 

La decisione dipenderà dai negoziati che riguarderanno la riforma del mercato delle emissioni nocive ETS. La riforma potrebbe gradualmente portare all’abolizione dei certificati gratuiti distribuiti alle imprese più inquinanti. 

Il meccanismo così come pensato, quindi, dovrebbe consentire di applicare lo stesso costo della CO2, sia alle imprese straniere che a quelle europee. 

Lo ha spiegato lo stesso presidente della Commissione Ambiente dell’Europarlamento, Pascal Canfin: “Garantiremo un trattamento equo tra le nostre aziende, che pagano un prezzo del carbonio in Europa, e i loro concorrenti stranieri, che non lo fanno, facendo di più per il clima proteggendo le nostre aziende e i posti di lavoro”.