In questi ultimi mesi, da più fronti, si è palesata una crescente preoccupazione sull’influenza economica e politica della Cina nei Porti Europei.
Il dibattito ha ripreso vita, anche in seguito all’offerta fatta da Cosco per l’acquisto del 35% di Tollerort Terminal (CTT), un piccolo terminal container di Amburgo.
Secondo un rapporto della società di consulenza McKinsey, tra il 2021 e il 2022, gli investimenti cinesi in infrastrutture aeroportuali sono aumentati di oltre il 50%. Sempre nel 2022, il gigante Asiatico è diventato il principale investitore straniero in infrastrutture portuali in Europa.
Ad oggi, Cosco ha azioni in sette Paesi Europei, tra cui anche l’Italia.
Le ragioni dietro l’espansione cinese
Gli obiettivi del consolidamento della presenza cinese nei porti Europei sono vari.
Innanzitutto, l’intenzione di consolidare la posizione globale come potenza economica.
Secondo l’ultimo report diffuso da Alphaliner, alla fine di agosto, gli operatori portuali cinesi avevano effettuato investimenti in ben 31 terminal container situati nell’Europa e nel Mediterraneo. Porti strategici, disposti, ad esempio, in Grecia, in Belgio e a Vado Ligure, in Italia.
La Cina è il principale partner commerciale dell’Unione Europea, espandere la propria posizione logistica in aree specifiche non può che semplificare il commercio e ridurre i costi di trasporto, ponendo il gigante asiatico in una posizione vantaggiosa per chiedere, e ottenere, in caso di trattative condizioni commerciali più favorevoli.
Non solo: investire in infrastrutture portuali potrebbe aprire l’accesso al Paese a nuovi mercati.
Le contromisure dei Paesi
Alcuni Paesi, come Giappone, Australia, Stati Uniti e la stessa Unione Europea, stanno cercando di adottare una serie di contromisure per prevenire eventuali rischi derivanti dall’espansione cinese. Un esempio sono i controlli più stringenti sugli investimenti esteri in infrastrutture, adottati nel 2022 anche dal governo italiano. O, ancora, i contro investimenti da parte degli Stati Membri in infrastrutture portuali e logistiche per ridurre la loro dipendenza dalla Cina.
Non è possibile, allo stato attuale, sapere se le contromisure siano veramente necessarie o efficaci. Dovremo solo attendere l’evoluzione politica ed economica degli eventi.
Un punto fermo, però, resta certo: la Cina rimane il principale partner commerciale dell’UE e anche il terzo maggiore importatore.